IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 3419/96 di
 Leone Antonio, rappresentato e difeso dagli avvocati  Giovanni  Sala,
 Riccardo  Ruffo e Franco Zambelli, domiciliato presso quest'ultimo in
 Venezia-Mestre, via Cavallotti n. 22;
   Contro la regione Veneto, in persona del presidente della giunta in
 carica, rappresentata e  difesa  dall'avvocatura  distrettuale  dello
 Stato,  domiciliataria  ex lege, per l'annullamento del provvedimento
 dirigenziale 4 settembre 1996, n. 22159 di diniego  di  permanere  in
 servizio per un ulteriore biennio oltre i limiti d'eta' stabiliti per
 il  collocamento  a  riposo;  nonche' per l'annullamento dello stesso
 provvedimento di collocamento a riposo;
   Visto il ricorso, notificato  il  14  novembre  1996  e  depositato
 presso la segreteria il 21 novembre 1996;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 regionale, depositato il 24 marzo 1998;
   Viste le memorie prodotte dalle parti;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi, all'udienza del  9  aprile  1999,  relatore  il  consigliere
 Claudio  Rovis,  l'avv.  Cervesato in sostituzione dell'avv. Zambelli
 per il ricorrente e l'avv. Gasparini per la regione Veneto;
   Ritenuto in fatto e in diritto:
                               F a t t o
   Con  istanza  21  giugno  1996  l'odierno  ricorrente  - dipendente
 regionale   con   la    qualifica    di    dirigente    -    chiedeva
 all'amministrazione  di  appartenenza  che  prendesse  atto  che egli
 intendeva avvalersi della facolta' di rimanere  in  servizio  per  un
 biennio  oltre  i  limiti  di  eta'  stabiliti  per il collocamento a
 riposo, cosi' come previsto dall'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992,
 n. 503.
   Rispondeva la regione Veneto  assumendo  l'impossibilita'  del  suo
 ulteriore  trattenimento in servizio a causa della vigenza della l.r.
 16 marzo 1994, n. 14, che  escludeva  l'applicazione,  ai  dipendenti
 regionali,   del   citato  art.  16  del  d.lgs.  n.  503/1992  "fino
 all'adozione di una nuova organizzazione amministrativa regionale".
   Avverso tale decisione proponeva  ricorso  l'interessato  deducendo
 l'illegittimita'   costituzionale   della  predetta  norma  regionale
 derogatoria,  per  contrasto  con  gli  artt.  117,  3  e  97   della
 Costituzione.
   Successivamente,   essendo   venuto   a  conoscenza  dell'integrale
 contenuto del provvedimento di  collocamento  a  riposo,  con  motivi
 aggiunti  contestava il mancato conferimento, ai fini del trattamento
 di quiescenza e previdenza, dei benefici combattentistici ex lege  n.
 336/1970,  che egli aveva chiesto di far consistere nell'attribuzione
 del  trattamento  retributivo  immediatamente  superiore   a   quello
 posseduto,  in conformita' alla previsione dell'art. 2, secondo comma
 della predetta legge:  mentre l'amministrazione gli aveva corrisposto
 tre aumenti biennali di stipendio.
   Nel resistere in giudizio la regione Veneto opponeva l'infondatezza
 della prospettata questione di legittimita'  della  l.r.  n.  14/1994
 sostenendo   che  l'art.  16  del  d.lgs.  n.  503/1992,  si  rivolge
 esclusivamente ai dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici
 non economici, categorie tra le quali non possono essere annoverati -
 stante la mancanza di un espresso richiamo - i dipendenti  regionali.
 Quanto,  poi,  alla  contestata  applicazione  dei benefici derivanti
 dalla legge n. 336/1970, l'amministrazione  eccepiva  la  carenza  di
 giurisdizione  del  giudice  adito, ritenendo competente la Corte dei
 conti:  nel  merito,   comunque,   ne   evidenziava   l'infondatezza,
 concludendo, quindi, la reiezione del gravame.
   La causa passava in decisione all'udienza del 9 aprile 1999.
                             D i r i t t o
   Secondo  il  ricorrente,  l'impugnato  provvedimento  di  dinego di
 permanenza in servizio per  un  ulteriore  biennio  oltre  il  limite
 d'eta'  sarabbe  illegittimo  in  quanto  sarebbe  costituzionalmente
 illegittima,  per  contrasto  con  gli  artt.  117,  3  e  97   della
 Costituzione,     la     disposizione    regionale    -    richiamata
 dall'amministrazione  quale  unico  motivo  di  giustificazione   del
 formulato  diniego  -  che  esclude l'applicazione, nei confronti dei
 dipendenti regionali, della norma di cui all'art.  16 del  d.lgs.  n.
 503/1992:  norma  che,  appunto,  concede ai "dipendenti civili dello
 Stato  e  degli  enti  pubblici  non  economici"  di  optare  per  il
 trattenimento in servizio per un periodo massimo di due anni oltre la
 maturazione del limite d'eta' per il collocamento a riposo.
   La  proposta questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1,
 comma 3 della l.r. n. 14/1994 - che,   sostituendo l'art.  115  della
 l.r.  n.  12/1991,  ha  statuito  che "ai dipendenti regionali non si
 applica l'art.  16  del  d.lgs.  30  dicembre  1992,  n.  503",  fino
 all'adozione  di  una nuova organizzazione amministrativa regionale -
 e' rilevante e non manifestamente infondata.
   E'   rilevante   in   quanto,   avendo   l'amministrazione  fondato
 l'impugnato diniego proprio ed esclusivamente sulla  norma  regionale
 qui  contestata,  soltanto  la  declaratoria della sua illegittimita'
 comporterebbe l'accoglimento
  dell'azionata domanda di permanenza in  servizio  per  un  ulteriore
 biennio:  con  i  conseguenti  benefici  giuridici  ed  economici (e,
 quindi, previdenziali) in capo al ricorrente, quanto  meno  sotto  il
 profilo della ricostruzione della carriera.
   E',  altresi', non manifestamente infondata in relazione agli artt.
 117, 3 e 93 della Costituzione per le seguenti ragioni:
     a) quanto all'art. 117 della Costituzione  -  che  consente  alla
 regione  di  emanare  norme  legislative nei limiti, fra l'altro, dei
 principi fondamentali stabiliti dalle leggi  dello  Stato  -,  questo
 appare  violato  perche'  la  regione,  con  la  contestata norma, ha
 sostanzialmente abrogato una disposizione che  la  legge  statale  ha
 espressamente  dichiarato applicabile anche ai dipendenti "degli enti
 pubblici non economici",  tra  i  quali  non  si  ravvisano  ragioni,
 neanche  implicite,  per ritenere che non debbano essere ricompresi i
 dipendenti regionali.
   Peraltro, che l'art. 16 del d.lgs. n. 503/1992 (recante "norme  per
 il  riordinamento  del sistema previdenziale dei lavoratori privati e
 pubblici, a norma dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421")
 costituisca  un principio fondamentale, non puo' revocarsi in dubbio:
 ma esso pare altresi'  configurarsi,  per  il  particolare  carettere
 innovativo  che  lo  contraddistingue,  come  norma  fondamentale  di
 riforma economico-sociale, e, quindi, direttamente applicabile  anche
 nelle  regioni a statuto speciale (CGA Consult., 16 febbraio 1993, n.
 76/1993).
   In tale contesto, fra  l'altro,  e'  sintomatico  come  la  regione
 Veneto, al fine di non applicare ai propri dipendenti la disposizione
 statale  in  esame (che pur, nelle difese predisposte in questa sede,
 ritiene giuridicamente inapplicabile), abbia sentito la necessita' di
 provvedervi espressamente  mediante  un  atto  legislativo,  e  cioe'
 proprio con la l.r. n. 14/1994: va da se' che se la norma statale non
 era applicabile, non occorreva dichiararlo con la legge;
     b)  quanto  all'art. 3 - che impone di regolare nello stesso modo
 situazioni tra loro omogenee -, esso appare violato perche' la  norma
 regionale  crea comunque un'ingiustificata disparita' di trattamento,
 sia rispetto ai dipendenti civili dello Stato,  sia  a  quelli  delle
 altre  regioni, sia, infine, a quelli di tutti gli "enti pubblici non
 economici": nei confronti dei quali i dipendenti della regione Veneto
 subiscono un trattamento deteriore, che si ripercuote tanto sul piano
 giuridico  che  su  quello  economico  (e,  quindi,   previdenziale).
 Invero,   una   volta  introdotta,  nell'ordinamento  giuridico,  una
 determinata facolta' a  favore  di  certe  categorie  di  lavoratori,
 appare illegittimo escluderla successivamente nei confronti di una di
 esse, in assenza di ragioni oggettive che la giustifichino;
     c)  quanto  all'art.  97,  esso  appare  violato perche' la norma
 regionale  in  esame  si  appalesa   irragionevole   ed   abritraria:
 irragionevole,  perche' non riesce ad individuarsi alcuna connessione
 tra (la sottintesa strumentalita' del)  la  decisione  di  sospendere
 temporaneamente  l'applicazione  della  norma  statale  e  l'additata
 finalita' consistente nell'attuazione "di  una  nuova  organizzazione
 amministrativa";   arbitraria,   perche'   la   temporaneita'   della
 sospensione non e' ancorata ad alcun  termine  finale  o  avvenimento
 futuro  ma  certo  (nell'an  e  nel  quando),  ma,  piuttosto, ad una
 condizione meramente potestativa, con la  conseguenza  che  l'assunta
 deroga  temporanea  si  configura,  piu'  propriamente,  come  pura e
 semplice abrogazione.
   Per le considerazioni  che  precedono,  dunque,  va  dichiarata  la
 rilevanza   e   la   non  manifesta  infondatezza  dell'eccezione  di
 incostituzionalita' dell'art. 1, comma 3 della l.r. n. 14/1994.
   Spese riservate alla decisione  definitiva,  ove  verra'  esaminata
 anche   la   questione   inerente   all'applicazione   dei   benefici
 combattentistici contestata con i motivi aggiunti notificati in  data
 11 gennaio 1997.